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Flauto Traverso Briccialdi

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Flauto ebano Briccialdi

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Il flauto Barocco

Il flauto barocco, chiamato anche flauto a una chiave o (flauto) traversiere, subisce molte modifiche ad opera di famiglie di costruttori di legni che dedicano particolare cura nel perfezionarlo, in particolare la famiglia Hotteterre alla fine del Seicento. Lo strumento viene diviso in tre pezzi (testata, corpo e trombino) e la cameratura non è più interamente cilindrica come avveniva nel flauto rinascimentale: il corpo e il trombino sono ora conici, restringendosi verso il fondo (“conicità inversa”, secondo alcuni, se rapportata a quella dell’oboe, che invece si allarga verso il basso). Ai sei fori del flauto rinascimentale se ne aggiunge un settimo per il mi bemolle, controllato da una chiave chiusa[4]. L’estensione dello strumento, di due ottave e mezza (Re4-La6, ma di norma i compositori non si spingono oltre il Mi6), è ora completamente cromatica. Poco più tardi, intorno agli anni ’20 del Settecento, il corpo centrale verrà diviso in due parti, di cui quella superiore intercambiabile con altre di diversa lunghezza (dette a volte corps de réchange, “corpi di ricambio”) per consentire allo strumento di adattarsi ai vari diapason utilizzati nelle diverse corti europee. Per tutto il resto del Settecento e l’inizio dell’Ottocento questo tipo di flauto in quattro pezzi e una chiave rimarrà lo standard più diffuso, anche accanto ai modelli con più chiavi tipici della fine del Settecento.

Il fatto che nel corso del XVII secolo si sia iniziato a costruire i flauti (sia traversi, sia dolci) in tre parti, mentre nel Rinascimento erano costruiti, anche i più grandi, in un pezzo unico o al massimo in due pezzi, riflette un significativo cambiamento nella figura del flautista professionista. Nel Rinascimento gli strumentisti erano al servizio delle corti, e gli strumenti che suonavano non erano di loro proprietà, bensì della cappella di corte. Tutti gli strumenti a fiato costruiti per una stessa cappella erano accordati su uno stesso La[5], ma questo poteva variare moltissimo fra una cappella e l’altra, anche di più di mezzo tono[6]. In seguito, i virtuosi iniziarono a spostarsi da una città all’altra per le loro esibizioni, portando con sé i propri strumenti; per risolvere i problemi legati alla diversità del diapason nelle varie cappelle e al trasporto dello strumento, si cominciò a costruire flauti prima in tre pezzi, come i flauti di Hotteterre, e poi in quattro sezioni: per piccole variazioni di accordatura era sufficiente inserire la sezione centrale più o meno profondamente nella testata[7], ma oltre un certo limite era necessario sostituire del tutto la sezione centrale con una di lunghezza diversa e con le distanze tra i fori alterate proporzionalmente. I flautisti dell’epoca barocca possedevano quindi strumenti che avevano una dotazione di due, tre o anche più sezioni centrali intercambiabili, diversamente accordate[8].

Fra i flautisti, oltre che teorici, più importanti del periodo troviamo Jacques Hotteterre, Johann Joachim Quantz (lavorò alla corte di Federico II di Prussia, anch’egli appassionato flautista) e Pierre-Gabriel Buffardin, che fu inoltre maestro di Quantz, cui probabilmente Johann Sebastian Bach dedicò alcune delle sue composizioni per flauto.

Fra i costruttori più importanti del periodo troviamo, oltre ai già citati Hotteterre e Quantz, Jean-Hyacinth (o Johannes Hyacinthus) Rottenburgh, Godfroi Adrien (o Godfridus Adrianus) Rottenburgh, Carlo Palanca e Jacob Denner.